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Laboratorio di Fisiologia Vegetale
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali
RECAPITI
- Via prov.le Lecce – Monteroni, 73100 Lecce
ATTREZZATURE
LINEE DI RICERCA
ATTIVITÀ / FINALITÀ
Caratterizzazione e valorizzazione del tartufo Salentino
Il tartufo rappresenta una risorsa multifunzionale per il territorio, non solo per i corpi fruttiferi di notevole valore economico e commerciale, e per il turismo legato al circuito enogastronomico, ma anche per il ruolo agroforestale ed ambientale nella ricostruzione delle aree degradate (Russo et al., 2010), poiché le piante micorrizate acquistano maggiore resistenza e vigoria. L’attività di ricerca sul Tuber borchii Vittad. (la specie di tartufo più diffusa nel Salento) nasce dalla necessità di migliorare le conoscenze sulla biologia di questo fungo, fornendo indicazioni utili nei campi pratici – applicativi per la valorizzazione di questa risorsa sul territorio. Per il raggiungimento di questo obiettivo, nel laboratorio di Fisiologia Vegetale sono state realizzate colture in vitro di micelio Tuber borchii, focalizzando l’attenzione su due ambiti:
- Lo studio del metabolismo lipidico in diverse condizioni colturali. Nei funghi patogeni è accertato il ruolo chiave del metabolismo lipidico nel ciclo vitale (Rude et al., 2002; Wang et al., 2003). L’ipotesi è che anche nei funghi micorrizici il metabolismo lipidico sia alla base del ciclo biologico e delle modificazioni morfo - funzionali che portano alla formazione del tartufo. Lo studio del ruolo svolto da funghi filamentosi isolati dai tartufi. I tartufi sono considerati un complesso microhabitat che ospita non solo batteri e lieviti, ma anche funghi filamentosi (Pacioni et al., 2007).
- Mediante isolamento e studi di interazione è possibile comprendere il ruolo che questi “ospiti” esercitano nel corso del ciclo biologico del tartufo. Es. Arthrinium phaeospermum (fungo isolato nel nostro laboratorio da porzioni di Tuber borchii) Questo fungo produce Gibberelline (Khan et al., 2009), ormoni in grado di influenzare la morfologia delle radici delle piante simbionti e probabilmente il processo di micorrizazione.
Bibliografia
- Khan S.A., Hamayun M., Kim H., Yoon H., Seo J., Choo Y., Lee I., Kim S., Rhee I., Kim J. (2009) A new strain of Arthrinium phaeospermum isolated from Carex kobomugi Ohwi is capable of gibberellin production. Biotechnol Lett, 31: 283 – 287.
- Pacioni G., Leonardi M., Aimola P., Ragnelli A. M., Rubini A., Paolocci F. (2007) Isolation and characterization of some mycelia inhabiting Tuber ascomata. Mycological Research, III: 1450 – 1460.
- Rude T. H., Toffaletti D. L., Cox G. M., Perfect G. R. (2002) Relationship of the Glyoxylate Pathway to the Pathogenesis of Cryptococcus neoformans. Infection and Immunity, 70: 5684 – 5694.
- Russo A., Marchiori S., Nutricati E., Sabella E., Accogli R. (2010) Tuber spp.: a new sustainability resource in southern Italy. Micologia Italiana, 39: 55 – 61.
- Wang Z. Y., Thornton C. R., Kershaw M. J., Debao L., Talbot N. J. (2003) The glyoxylate cycle is required for temporal regulation of virulence by the plant pathogenic fungus Magnaporthe grisea. Molecular Microbiology, 47: 1601 – 1612.
Valorizzazione dell’olio di oliva salentino e messa a punto di sistemi di depurazione dei reflui oleari.
Acque di vegetazione. Le acque di vegetazione (AV) rappresentano una delle principali fonti di inquinamento nelle aree del bacino mediterraneo interessate alla produzione di olio di oliva. Come per altri prodotti di origine agricola e zootecnica, in Italia sono presenti normative che disciplinano la modalità di trattamento di tale refluo, compreso l’eventuale spargimento in terreno agricolo. Tuttavia queste normative rischiano spesso di essere disattese a causa dell’enorme quantità di refluo da smaltire e dei costi necessari per eseguire correttamente tale pratica. Una risposta alla depurazione dei reflui di origine vegetale e zootecnica viene oggi dalle moderne tecnologie di filtrazione a membrana che fanno uso di moduli ceramici e a film sottile e che sono largamente impiegate in diversi ambiti dell’industria agroalimentare. Le applicazioni con membrane ceramiche offrono alta stabilità chimica e fisica, eccezionali caratteristiche di separazione e lunga durata. Un esempio di filtrazione mediante membrane che si è ormai consolidato è quello del trattamento dei sottoprodotti dell’industria lattiero-casearia per la purificazione di proteine da siero di latte (Atra et al., 2005).
Recentemente sono state condotte alcune sperimentazioni di purificazione delle acque di vegetazione mediante filtrazione con membrane (Schippa 1998, Miceli et al. 2000) anche finalizzate alla realizzazione di un impianto industriale per il trattamento di grandi volumi di refluo ed il recupero di metaboliti di alto valore aggiunto (Tommasi et al. 2005; Miglietta et al. 2004). Tuttavia, operare con un sistema di filtrazione direttamente in frantoio permette di valutare con maggior chiarezza l’influenza della composizione delle AV sulla capacità depurativa. Infatti, il contenuto di sostanze organiche ed acqua nelle AV può cambiare significativamente in funzione della varietà delle olive, del sistema di coltivazione, dello stato di maturazione del frutto e in particolar modo dal meccanismo di estrazione.
Il laboratorio di Fisiologia Vegetale ha realizzato un piccolo impianto pilota ed individuato:
- un adeguato metodo di prefiltrazione, indispensabile per poter operare le fasi successive di filtrazione a membrana
- il numero minimo di membrane, definendone anche il il taglio molecolare, necessarie per ottenere acqua depurata con bassa conducibilità e priva di conposti fenolici .
- le condizioni di esercio dell’impianto sperimentale al fine di poter realizzare un impianto pilota da applicare al frantoio.
- il miglior metodo per ottenere l’optimum di reiezione durante la fase di filtrazione ad osmosi inversa.
In aggiunta, sono state valutate ulteriori tecniche che consentono un abbattimento in situ del carico organico delle AV. Una delle più promettenti è risultata quella basata sul processo Fenton per il trattamento fisico chimico del percolato (Fig. 4). Il protocollo sviluppato in laboratorio, infatti, ha consentito di raggiungere efficienze di abbattimento dei fenoli totali disciolti superiori all’80%. Il passaggio successivo è rappresentato dall’ulteriore affinamento del processo, in modo da mantenerne l’efficienza anche trattando volumi sempre maggiori di acque di vegetazione, con l’obiettivo di sviluppare un metodo di depurazione efficiente, affidabile e che non incida in maniera significativa sui costi di gestione di un frantoio.
Bibliografia
- Atra R., Vatai G., Bekassy-Molnar E., Balint A. (2005) Investigation of ultra- and nanofiltration for utilization of whey protein and lactose. Journal of Food Engineering 67: 325-332
- Miceli A., De Leo F., Massari S., De Leo P. (2000) Processi a membrana nell’agroidustria. Il riciclaggio delle acque di vegetazione delle olive. Atti del Convegno di Merceologia. Sassari.
- Miglietta G., Tommasi L., Villanova L., Troisi L., Ancora M.A., Carluccio M.A. (2004) Trattamento delle acque di vegetazione: come ottenere dal refluo dell’industria olearia acqua per usi civili e idrossitirosolo, una sostanza ad alta attività con enormi potenziali applicativi in campo dietetico, cosmetico e farmaceutico. Ecomondo. Atti del Convegno "Le ricerche applicate nel campo dei rifiuti: prevenzione, tecnologie, riciclo e gestione integrata". Rimini. 527-534
- Schippa G. (1998) Utilizzo e gestione dei sottoprodotti: le biotecnologie nella valorizzazione degli scarti e dei surplus produttivi del sistema agroalimentare. Atti del convegno “Inovazione e competitività nel comparto agroalimentare”. Auditorium CNRSM-PASTIS. Brindisi. 66-95
- Tommasi L., Carluccio M.A., Ancora M.A., Miceli A., Villanova L. and Merendino A. (2005) Valorisation of olive mill wastewater. ITALIC 3 “Wood Derivatives and Agroindustrial Waste Valorisation”. L’Aquila.
Fisiologia dell'oliva
La biogenesi dell’aroma degli oli extravergine deriva da una complessa miscela dei composti volatili che si originano in seguito ad una serie di reazioni biochimiche che costituiscono la “via della lipossigenasi”. Tale via metabolica è stimolata nelle piante da danni meccanici (es. frangitura) e comprende una serie di enzimi che ossidano (lipossigenasi) e tagliano (idroperossido liasi) gli acidi grassi poliinsaturi fino a formare aldeidi, che vengono convertite in alcoli o esteri (tramite alcol deidrogenasi ed alcol aciltrasferasi) (Sanchez e Harwood, 2002). E’ noto che la via della lipossigenasi è indotta durante la frangitura e procede durante la gramolatura (Di Giovacchino et al., 2002), ne consegue che la tipica produzione degli aromi può venire significativamente influenzata dalle condizioni e metodologie di estrazione dell’olio. Nel caso dell’oliva i trigliceridi iniziano ad essere degradati, alterando le caratteristiche organolettiche dell’olio, attraverso lipasi endogene o prodotte da microrganismi contaminanti. Tale fenomeno risulta maggiore nel caso di attacchi da parte della mosca dell’oliva (Bactrocera oleae Gmel.) che causano danni ai tessuti del frutto; la rottura dell’integrità cellulare favorisce il contatto delle goccioline di olio con gli enzimi idrolitici ed induce lo sviluppo di batteri e funghi saprofiti. Nelle cellule vegetali, gli acidi grassi idrolizzati dalla molecola di trigliceride entrano nel processo di β-ossidazione, (Gerhardt, 1992), mentre il destino metabolico degli acidi grassi liberati durante il processo di frangitura e gramolatura non è stato ancora studiato. L’enzima lipasi (EC 3.1.1.3) svolge un ruolo centrale nella produzione degli acidi grassi liberi, substrati preferenziali per numerosi altri enzimi. Alla lipasi, nelle piante, è attribuita la funzione primaria di idrolisi dei triacilgliceroli nei semi in germinazione e durante lo sviluppo della pianta. La sua azione, quindi, nel catabolismo dei triacilgliceroli, determina la liberazione degli acidi grassi i quali vanno generalmente incontro a degradazione nei perossisomi fogliari o nei gliossisomi dei semi in germinazione attraverso il processo di β-ossidazione, che fornisce precursori biosintetici per la neoglucogenesi o per altre vie metaboliche.
L’importanza dello studio della lipasi di olivo (Olea europaea L.) deriva dal fatto che l’olio vergine di oliva viene classificato e valutato commercialmente in funzione del livello di acidità. A tal proposito, l’idrolisi catalizzata dalla lipasi risulta un fenomeno negativo sia se avviene a livello della drupa che durante tutte le fasi meccaniche di estrazione dell’olio; inoltre, il contenuto di acidi grassi liberi è un fattore pro-ossidante poiché esso rappresenta un potenziale substrato per l’azione della lipossigenasi; pertanto oli ad alta acidità presentano una resistenza all’ossidazione minore rispetto ad oli a bassa acidità.
La caratterizzazione delle proprietà catalitiche dell’enzima lipasi ha portato alla pubblicazione di un articolo su Plant Physiology and Biochemistry, dal quale risulta che una debole ma significativa attività della lipasi è presente nella frazione lipidica ottenuta dopo la centrifugazione di un omogenato di polpa (mesocarpo) di oliva; l’enzima ha un optimum di attività a pH 5,0 e risulta parzialmente inibito da rame e la sua attività aumenta durante la maturazione del frutto per poi diminuire a piena maturazione. Ulteriori dettagli sono reperibili nell’articolo di Panzanaro et al. (2010).
Il lavoro è quindi proseguito con il clonaggio di una putativa lipasi di olivo. A tale scopo l’RNA totale è stato estratto dal mesocarpo di oliva (invaiata) cv. Ogliarola, dall’mRNA sono stati sintetizzati cDNA mediante retro trascrizione e con quest’ultimi è stata condotta una reazione di PCR, utilizzando dei primer degenerati individuati sulla base di due sequenze conservate (FMKALGLQ e EEPNKNYF), presenti nelle sequenze aminoacidiche di lipasi appartenenti a diverse specie vegetali; al termine di questa fase è stato ottenuto un cDNA di 474 bp, ovvero una sequenza parziale corrispondente alla parte centrale della sequenza codificante una (putativa) lipasi di olivo. Per ottenere la sequenza completa del cDNA è stata utilizzata la tecnica 5’ e 3’ RACE; che mediante due reazioni di PCR successive, utilizzando dei primer gene specifici forward e reverse in combinazione con i primer universali forniti dal kit (SMARTTM RACE cDNA Amplification Kit, Clonthec, Mountain View, California), ha permesso di completare le sequenze dell’estremità 5’ e 3’ a partire dal cDNA di 474 bp. I prodotti di amplificazione, ligati tra loro, hanno dato origine ad una sequenza di 1407 bp, denominata OeLIP, che è stata clonata nel vettore pCRIITOPO. OeLIP codifica per un polipeptide di 468 a.a., di peso molecolare stimato di 54,5 kDa. Tale sequenza, dal confronto con le sequenze presenti in banche dati per proteine, risulta avere un’identità del 56% con una lipasi acida di ricino, precedentemente caratterizzata da Eastmond (2004), in grado di idrolizzare la trioleina emulsionata in gomma arabica. La lipasi di ricino risulta essere associata ai corpi oleosi dell’endosperma ed ha una maggiore specificità per i triacilgliceroli contenenti acidi grassi saturi a corta, media e lunga catena ed insaturi a lunga catena, mentre non è attiva sui fosfolipidi (Eastmond, 2004).
Bibliografia
- Di Giovacchino L., Sestili S., Di Vincenzo D. (2002) Influence of olive processing on virgin olive oil quality. Eur. J. Lipid Sci. Technol. 104: 587‐601.
- Eastmond P.J. (2004) Cloning and characterization of the acid lipase from castor beans. J. Biol. Chem. 279:45540-45545.
- Gerhardt B. (1992) Fatty acid degradation in plants. Prog. Lipid Res. 31: 417‐446.
- Panzanaro S., Nutricati E., Miceli A., De Bellis L., (2010) Biochemical characterization of a lipase from olive fruit (Olea europaea L.) Plant Physiol. Biochem. 48: 741-745.
- Sánchez J., Harwood J. L. (2002) Biosynthesis of triacylglycerols and volatiles in olives. Eur. J. Lipid Sci. Technol. 104: 564‐573
Caratterizzazione biochimico-nutraceutica di molecole biologicamente interessanti in matrici vegetali
La capacità di alcuni prodotti vegetali di ridurre il rischio di patologie croniche è stata associata, almeno in parte, alla presenza di metaboliti secondari generalmente definiti phytochemical. Questi composti spesso presenti nella dieta ed associati ai benefici effetti salutari e salutistici, sono rappresentati da: glucosinolati, composti solforati, terpenoidi (monoterpeni, carotenoidi e fitosteroli), diverse sostanze fenoliche (antocianine, flavoli, flavan-3-oli, isoflavoni), stilbenoidi e betanine, ecc. Spesso queste molecole si ritrovano abbondantemente anche negli scarti e sottoprodotti dell’agroindustria i quali possono rappresentare una materia prima secondaria da cui ottenerli.
Il laboratorio di Fisiologia Vegetale, da sempre ha caratterizzato scarti, sottoprodotti e germoplasma vegetale in disuso, ricchi in phytochemical, studiandone le capacità biologiche, in particolare l’attività antiossidate ed antinfiammatoria.
Gli studi sono eseguiti utilizzando strumentazione come HPLC accoppiata a sensori a batteria di diodi (DAD) e/o rivelatori di massa (MS), GC/MS, spettrofotometri e spettrofluorimetri, anche multipiastra e mettendo a punto metodi originali per la determinazione quali-quantitativa di acidi fenolici, oleuropeina, resvesratrolo, antocianine, flavonoidi, caroteni (tra gli altri α, β-carotene, luteina e licopene), oli essenziali, clorofille ecc; mettendo a punto test di attività antiossidante per la valutazione della capacità scavenger (DPPH, ABTS), di protezione dall’ossidazione primaria (ORAC, NOS test) e della capacità riducente (FRAP) e dell’attività antiinfiammatoria (valutando l’attività di COX1 e COX2) al fine di avere una caratterizzazione completa delle molecole esaminate.
Bibliografia
- Blando F., Negro C., Miceli A., Longo L., Vasapollo G., De Bellis L. (2008) Anthocyanins from Prunus mahaleb L. fruits. In: SHE-First Symposium on Horticulture. Book of Abstracts. Vienna, 17th -20th February, pp.35-36.
- Miceli A., Negro C., Durante A., De Bellis L.(2006) Biochemical characterization and antioxidant activity of P. granatum L. growing in south Italy (Salento, Apulia) In Proceedings of Techological innovation and enhancement of marginal products By Severini, De Pilli, Giuliani, Grenzi Ed., 127-132.
- Miceli A., Negro C., Tommasi L.(2006) Essential oil variability of Thymbra capitata (L.) Cav. growing wild in South Apulia (Italy). Biochemical Systematics and Ecology, 34: 528-535.
- Miceli A., Negro C., Tommasi L., Minoia E., De Leo P. (2003) Determination of polyphenols, resveratrol, antioxidant activity and ochratoxin A in wines obtained from organic farming in Southern Apulia (Italy) Bulletin de l’O.I.V., vol. 76, Nov-Dic., pp. 976-997;
- Negro C., De Bellis L., Miceli A. (2010) Phenolic compounds and antioxidant activity from olive oil wastewater (OMW). Value for Food, Euro & MedFood, Foggia, 25-26 Marzo.
- Negro C., Tommasi L., Mazzotta F., Miceli A. (2009) Chemical composition and antimicrobial activity of essential oils from aromatic plant grown in Mediterranean area. Journal Essential Oil Research, 21: 185-189.
- Negro C., Tommasi L., Miceli A. (2003) Phenolic compounds and antioxidant activity from red grape marc extracts. Bioresource Technology, Vol. 87, Marzo, pp. 41-44;
- Tommasi L., Negro C., Cerfeda A., De Bellis L., Miceli A. (2007) Proprietà antiossidanti ed epatoprotettive di Buglossoides purupreocaerulea (L.) I.M. Johnst. In Colture artificiali di piante medicinali. A cura di A. Pardossi, F. Tognoni, A. Mensuali. Ed. Aracne. pp. 131-138.
Genomica Funzionale
L’attività di ricerca è volta allo studio di alcuni importanti processi fisiologici sia nell’organismo modello Arabidopsis thaliana, che in piante di interesse agrario come frumento ed olivo. L’obiettivo primario è identificare geni coinvolti nei meccanismi molecolari di resistenza delle piante a stress abiotici e capire in che modo agiscono a livello cellulare in tali processi. Queste informazioni costituiscono la base per un approccio biotecnologico teso a migliorare le caratteristiche produttive delle piante anche in condizioni avverse. Dal punto di vista pratico l’attività del gruppo di lavoro Genomica Funzionale è focalizzata non solo all’identificazione dei geni coinvolti nei processi di tolleranza agli stress, ma soprattutto alla messa a punto di esperimenti specifici volti all’analisi biochimica delle proteine derivanti da tali geni e di studiare le condizioni ottimali per l’attività enzimatica al fine di poter ottimizzare in vitro o in vivo i processi regolati da tali enzimi. In questa ottica è stata condotta una ricerca per la caratterizzazione di geni indotti da stress nell’organismo modello Arabidopsis, quali i geni codificanti glutatione-S-transferasi (GST), che rappresentano geni chiave nella risposta delle piante al trattamento con erbicidi (Nutricati et al. 2006).
Sulla base degli studi condotti sull’organismo modello, sono ad oggi in corso delle analisi relative a GST di frumento che possono avere degli importanti risvolti nella risposta allo stress idrico (Krugman et al., 2010) e di conseguenza nel miglioramento genetico di questa specie.
Bibliografia:
- Krugman T., Chagué V., Peleg Z., Balzergue S., Just J., Korol A.B., Nevo E., Saranga Y., Chalhoub B., Fahima T. (2010) Multilevel regulation and signalling processes associated with adaptation to terminal drought in wild emmer wheat. Funct Integrative Genomics 10:167–186. doi 10.1007/s10142-010-0166-3
- Nutricati E., Miceli A., Blando F., De Bellis L., (2006) Characterization of two Arabidopsis thaliana glutathione S-transferases. Plant Cell Reports, 25: 997-1005.
Espressione genica
L’obiettivo è individuare geni responsabili della risposta molecolare ad un dato stress al fine di organizzare programmi di miglioramento genetico per ottenere piante più resistenti ai vari eventi che possono ridurre la produttività delle piante (siccità, alte temperature, freddo, patogeni).
I principali strumenti per questo tipo di indagini sono la real-time PCR, una tecnica che consente di quantificare accuratamente i livelli di RNA/DNA in un dato campione di interesse. La stessa tecnica è utilizzata nel laboratorio di Fisiologia Vegetale anche per determinare le contaminazioni da Organismi Geneticamente Modificati (OGM) in matrici alimentari, mangimi, sementi.
Presso il laboratorio di Fisiologia Vegetale è disponibile anche una piattaforma bioinformatica per lo studio dei dati di espressione genica (trascrittomi) ottenibili da esperimenti microarray (GeneChip). Questi strumenti, supportati da software dedicati (GeneSpring 11, R & Bioconductor) consentono di valutare contemporaneamente il livello di espressione di decine di migliaia di geni.
Alcuni lavori recentemente conclusi nel laboratorio di Fisiologia Vegetale hanno portato ad importanti ritrovati in campo scientifico a livello internazionale:
- In frumento duro (varietà Ofanto e Cappelli) sono stati identificati i principali meccanismi di risposta molecolare in seguito a stress idrico, termico ed alla combinazione dei due stress, mettendo in evidenza l’attivazione di intere vie metaboliche correlate con la degradazione degli acidi grassi (Aprile et al., 2009; Aprile et al., 2010)
- In orzo (cultivar Luxor) sono stati identificati gruppi di geni responsabili dell’acclimatamento al freddo (Janska et al., In Press)
- In riso sono stati identificati geni che portano alla tolleranza alla carenza di zinco nel suolo (Widodo et al., 2010)
- In limone è stato identificato il gene responsabile dell’accumulo dell’acido citrico nel vacuolo (Aprile et al., In Press)
- In Arabidopsis, organismo modello per il regno vegetale, sono stati identificati dei meccanismi di regolazione dell’acclimatamento a carico dei cloroplasti (in particolare dei fotosistemi) (Alboresi et al., 2011) In frumento duro (varietà Ofanto e Cappelli) sono stati identificati i principali meccanismi di risposta molecolare in seguito a stress idrico, termico ed alla combinazione dei due stress, mettendo in evidenza l’attivazione di intere vie metaboliche correlate con la degradazione degli acidi grassi (Aprile et al., 2009; Aprile et al., 2010)
- In orzo (cultivar Luxor) sono stati identificati gruppi di geni responsabili dell’acclimatamento al freddo (Janska et al., In Press)
- In riso sono stati identificati geni che portano alla tolleranza alla carenza di zinco nel suolo (Widodo et al., 2010)
- In limone è stato identificato il gene responsabile dell’accumulo dell’acido citrico nel vacuolo (Aprile et al., In Press)
- In Arabidopsis, organismo modello per il regno vegetale, sono stati identificati dei meccanismi di regolazione dell’acclimatamento a carico dei cloroplasti (in particolare dei fotosistemi) (Alboresi et al., 2011)
Bibliografia
- Alboresi A., Dall’Osto L., Aprile A., Carillo P., Roncaglia E., Cattivelli L., Bassi R. (2011) Enhanced levels of singlet oxygen in a photosensitive Arabidopsis mutant reveal a specific signalling pathway controlling a stress acclimation response. BMC Plant Biology 11:62 doi:10.1186/1471-2229-11-62
- Aprile A., Federici C., Close T.J., De Bellis L., Cattivelli L., Roose M.R. (2011) Expression of the H+- ATPase AHA10 proton pump is associated with citric acid accumulation in lemon juice sac cells. Functional and Integrative Genomics, in press
- Aprile A., Mastrangelo A.M., De Leonardis A.M., Galiba G., Roncaglia E., Ferrari F., De Bellis L., Turchi L., Giuliano G., Cattivelli L. (2009) Transcriptional profiling in response to terminal drought stress reveals differential responses along the wheat genome. BMC Genomics 10:279. doi:10.1186/1471-2164- 10-279 Highly Accessed
- Aprile A., Panna R., Perrotta C., Borrelli G., Rampino P., Cattivelli L., De Bellis L. (2010) Transriptomic analysis of drought and heat responses in durum wheat. In proceedings of the 54th SIGA Annual Congress. Matera September 27th – September 30th 2010
- Janská A., Aprile A., Zámečník J., Cattivelli L., Ovesná J. (2011) Transcriptional responses of winter barley to cold indicate nucleosome remodelling as a specific feature of crown tissues. Functional Integrative Genomics, in press.
- Widodo, Broadley M.R., Rose T., Frei M., Pariasca-Tanaka J., Yoshihashi T., Thomson M., Hammond J.P., Aprile A., Close T.J., Ismail A.M., Wissuwa M. (2010) Response to zinc deficiency of two rice lines with contrasting tolerance is determined by root growth maintenance and organic acid exudation rates, and not by zinc-transporter activity. The New Phytologist. 186: 400-414
Espressione genica
Per proteggere la loro risorsa di base, il terreno, e per diminuire i costi, gli agricoltori hanno iniziato ad adottare pratiche agricole alternative che costituiscono l’agricoltura sostenibile. Quest’ultima comprende vari sistemi agricoli definiti organici, biologici e sostenibili. Questi sistemi attribuiscono grande importanza alla gestione delle pratiche e alle relazioni biologiche esistenti tra gli organismi; inoltre, traggono vantaggio dai processi naturali come la fissazione dell’azoto. In questi scenari, alcune leguminose da granella possono fornire un contributo essenziale all’affermarsi di un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente, in virtù di alcune importanti prerogative di cui sono dotate. Grazie all’attività azoto-fissatrice, il loro inserimento negli avvicendamenti colturali contribuisce a ripristinare le proprietà chimiche di fertilità del terreno riducendo la necessità di fertilizzanti azotati e rendendo le pratiche agricole più economiche e meno inquinanti. Per il loro potere nutritivo e salutistico sono ormai entrate a pieno titolo tra i prodotti agricoli meritevoli di recupero e di utilizzazione. In primo luogo sono stati reperiti materiali genetici diversi, quali varie accessioni di pisello (Pisum sativum L.) a diffusione locale, il pisello nano di Zollino e il pisello riccio di Sannicola. I piselli sono stati seminati presso i campi sperimentali dell’Orto Botanico dell’Università del Salento e la coltivazione è interamente seguita dal laboratorio di Fisiologia Vegetale. La fase successiva prevede lo studio della biodiversità genetica mediante l’impiego di marcatori molecolari, ovvero di analizzare il grado di parentela tra le accessioni prese in esame e definire una accessione di riferimento per ognuna delle due tipologie di pisello, nano di Zollino e riccio di Sannicola. Le informazioni derivanti dal progetto troveranno utili applicazioni per la certificazione del materiale vivaistico, per una eventuale tracciabilità e per la tutela del germoplasma locale.
Bibliografia
- Baranger A., Aubert G., Arnau G., Lainé A.L., Deniot G., Potier J., Weinachter C., Lejeune-Henaut I., Lallemand J., Burstin J. (2004) Genetic diversity within Pisum sativum using protein and PCR-besed markers. Theoretical and Applied Genetics. 108: 1309-1321.
- Burstin J. Deniot G., Potier J., Weinachter C., Aubert G. (2001) Microsatellite polymorphism in Pisum sativum. Plant Breeding. 120: 311-317.
- Raimo F., Accogli R., Lombardi D., Marchiori S., Brunetti F., Casaburi S. (2007) Valutazione bioagronomica di genotipi salentini di leguminose da granella. Progetto Co.Al.Ta.1 - Risultati finali. 337-351.
- Tedone L., Marzi V., Greco P., Grassi F. (2007) Valutazione delle attività produttive di diverse linee di leguminose da granella in areale salentino. Progetto Co.Al.Ta.1 – Risultati finali. 381-399.
- Zong X.-x., Ford R., Redden R.R., Guan J.-p., Wang S.-m. (2009) Identification and analysis of genetic diversity structure within Pisum sativum genus based on microsatellite markers. Agricoltural Sciences China. 8: 257-267.
Qualità dei prodotti agroalimentari - olive da mensa
Le olive da tavola in commercio possono presentare diverse colorazioni, in base alla cultivar utilizzata o allo stadio di maturazione a cui è avvenuta la raccolta o al trattamento ossidativo cui sono eventualmente sottoposte. Nel caso delle olive verdi, al termine dei processi di trattamento con i metodi di concia più diffusi (Greco o Spagnolo) le olive hanno perso buona parte delle clorofille divenendo verde chiaro o giallognole; in commercio sono però reperibili olive che, nonostante ciò, esibiscono una colorazione verde intensa. La colorazione decisa delle olive, in questi casi, potrebbe essere dovuta all’aggiunta di un colorante, clorofillina ramata (E141ii), il cui utilizzo è però proibito dall’attuale legislazione (REG 94/36/CE del 30.06.94, GU CE L237/16 del 10.09.94). Il protocollo di estrazione messo a punto nel laboratorio di Fisiologia Vegetale sulla base della letteratura consente, partendo dalla polpa delle drupe, di separare i pigmenti naturali da quelli artificiali eventualmente presenti. L’analisi con HPLC/DAD consente, infine, di produrre cromatogrammi dettagliati, grazie ai quali è possibile non solo verificare l’aggiunta di colorante, ma anche identificarne i singoli componenti.
Bibliografia
- Chernomorsky S., Rancourt R., Sahai D., Poretz R. (1997) Evaluation of chlorophyllin copper complex preparations by liquid chromatography with photodiode array detection. Journal of AOAC International. 80: 433-435.
- Inoue H., Yamashita H., Furuya K., Nonomura Y., Yoshioka N., Li S. (1994) Determination of copper(II) chlorophyllin by reversed-phase high-performance liquid chromatography. Journal of Chromatography A. 679: 99-104.
- Roca M., Gallardo-Guerrero L., Minguez-Mosquera M.I., Gandul Rojas B. (2010) Control of Olive Oil Adulteration with Copper-Chlorophyll Derivates. Journal of Agricultural and Food Chemistry. 58: 51-56.
- Scotter M.J., Castle L., Roberts D. (2005) Method development and HPLC analysis of retail foods and beverages for copper chlorophyll (E141[i]) and chlorophyllin (E141[ii]) food colouring materials. Food Additives and Contaminants. 22: 1163-1175.
TERZA MISSIONE
PERSONE
Responsabile:
Afferenti:
- Antonio Miceli (Ricercatore)
- Eliana Nutricati (Ricercatore)
- Gina Damiano (Personale tecnico)
- Carmine Negro (Personale tecnico)
- Alessio Aprile (Assegnista)
- Erika Sabella (Assegnista)
- Riccardo Panna (Dottorando)
- Giuliana Conversano (Dottorando)
COLLABORAZIONI ESTERNE
FORMAZIONE
PROGETTI
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Data ultimo aggiornamento: 16.03.2017